a cura di Marcello De Vecchi

Una nota cantina di Belfiore nel comune di Pramaggiore (Venezia) ha dato il nome “Bosco della donna “ ad uno dei suoi più pregiati vini. Tale nome ha origine da un antico toponimo con il quale si contraddistinguevano le terre di proprietà oggi della stessa cantina, utilizzate per la produzione vinicola. Sembra che si abbia avuto cognizione di tale toponimo circa 15 anni fa, grazie alla trascrizione di due documenti notarili del Cinquecento donatali da un loro cliente. Ricordo che all’epoca mi fu chiesto di verificare la fondatezza di tali documenti, cosa che feci nell’Archivio di Stato di Venezia che allora frequentavo con una certa assiduità. Non ho trovato gli originali degli atti notarili ma avendo qualche anno prima fatto delle ricerche nello stesso archivio per scrivere un libro di storia locale su Pramaggiore (Storie di vita agreste), avevo una certa dimestichezza con i documenti che riguardavano questo territorio. Decisi così di consultare i faldoni dei “Provveditori sopra gli feudi” e fra le carte giurisdizionali del casato della Frattina ritrovai il toponimo “Bosco della donna” con i suoi confini, che mi permise di stabilire l’esatta sua locazione. Feci poi dono amichevolmente della copia fotografica di tali documenti ai proprietari della Cantina con una piccola relazione storica che qui sotto riporto.

Particolare del territorio di Belfiore dalla mappa austriaca eseguita dal conte Von Zack nel 1804: in alto a sinistra è segnato in rosso il sito dove si trovava il Bosco della donna

Tutto il territorio situato fra i fiumi Tagliamento e Livenza faceva parte anticamente della Patria del Friuli e solo dall’inizio dell’Ottocento, per iniziativa dell’amministrazione napoleonica di allora, una parte di questo territorio è stata scorporata dal Friuli e inserita nel Veneto. La zona di Stagninbech dunque nel corso del secondo medioevo si trovava all’interno della Patria del Friuli e gran parte del suo territorio era a quel tempo ricoperto di boschi, come anche buona parte dei terreni dei paesi vicini (Annone, Lison, Cinto, Pradipozzo, ecc.). Il legno in quel periodo era al centro di ogni attività umana e dunque si dava grande importanza economica al Waldo, cioè ai grandi boschi che caratterizzavano il nostro paesaggio di allora. A difesa di tale patrimonio il Patriarca di Aquileia, che governava la Patria del Friuli, aveva costituito dei ministri appositi chiamati Forestari; uno di questiper un certo periodo dimorò a Cinto. Tale forestario aveva il compitodi tutelare i boschi della zona fra cui anche la selva che ricopriva Stagninbech e per tali occorrenze inizialmente disponeva di milites in magna quantitate.

Nell’ultimo secolo del Patriarcato del Friuli la sorveglianza dei boschi fu invece allentata e molti terreni furono disboscati e adattati al pascolo e alle colture agricole. La vasta riserva forestale fu dunque ridotta a delle macchie boschive di varie estensioni. La trasformazione non fu però immediata ma avvenne nel corso di vari decenni.

Quando nel 1420 tutta la Patria del Friuli viene conquistata dalla Repubblica di Venezia la situazione dei boschi patriarcali non è molto florida. In una relazione del 1442, il magistrato alle acque di Venezia Marco Cornaro, mandato dalla Repubblica a fare un sopraluogo nella nostra zona, cita Stagnibecho e il fiume Lochon come luoghi di gran quantità de legne per esser molti boschi, ma non ha la possibilità di controllare il reale stato dei boschi perchè dicti luoghi mal se poteva andare per le male vie.

I boschi rimasti venivano segnalati con un toponimo che si rifaceva per lo più alla tradizione popolare. A Stagninbech in alcuni documenti notarili cinquecenteschi (1548, 1551, 1587) i terreni agricoli presentano ancora questi toponimi e questo dimostra che precedentemente erano presenti in loco varie macchie boschive. Si citano il Bosco di S. Susanna (patrona della chiesa di Belfiore), il Bosco di Magnaspalto, il Bosco di Zuan e il Bosco della Donna, anche se oramai tutti questi terreni erano già ridotti a coltura: parte A.PV (aratorio piantato vitato) e in parte prativo, con la presenza di cortili e di case coloniche. Alcuni di questi terreni, inizialmente di proprietà dei conti della Frattina, (signori giurisdizionali di Stagninbech) furono nel corso del Cinquecento acquistati dai negozianti veneziani Bellavita.

Analizzando questi documenti si può dedurre che Il bosco della Donna si estendeva per una superficie di circa 80 campi, confinando a mattina (est) con la Comugna di Stagninbeccho, a mezo dì (sud) con il Bosco della Frassinella, a sol a’ monte (ovest) con l’acqua delli Molini di sotto (ora mulino di Belfiore), et alla montagna (nord) con la Braida del Molin dietro chiesa di Santa Susanna.

Non si è per ora potuti risalire all’origine del toponimo Bosco della Donna, si può solo fare delle ipotesi. Il termine donna secondo gli storici è relativamente raro nei toponimi italiani. Per lo più è legato ad elementi naturali che possono ricordare la figura femminile oppure a leggende locali. D’altra parte il termine donna nel medioevo non ha lo stesso valore che ha oggi. Significa signora agiata e di nobile famiglia, e il toponimo potrebbe basarsi su qualche beneficio lasciato in eredità per la prole femminile del nobile casato della Frattina. Personalmente avrei desiderato che tale toponimo fosse in qualche modo legato a Isabella da Passano, nobile e colta consorte di Marco della Frattina che fu indagata dal Santo offizio per eresia nel 1568, ma purtroppo i documenti che citano il Bosco della donna sono precedenti alla sua presenza nel casato della Frattina, e dunque non è possibile far riferimento al suo nome. Potrebbe infine derivare dal nome della famiglia che un tempo possedeva o solo gestiva il bosco: Delladonna o Delle donne sono cognomi tuttora esistenti nella popolazione italiana. Da notare infine che nel 1587, in una nota dei beni feudali posseduti da Marco della Frattina, troviamo una sostanziale modifica dell’antico toponimo: il terreno viene citato come “Possessione del rovere già Bosco della donna””.

Il disboscamento fu probabilmente attuato nel corso del quattrocento con la complicità dei contadini del posto. Bisogna considerare che in quei secoli nei boschi trovavano rifugio molti animali selvatici e se questi erano molto apprezzati dai cacciatori e dai nobili che amavano la cacciagione, erano invece osteggiati dai contadini perché questi animali erano una continua minaccia per le loro colture. Molto spesso questi boschi erano riservati esclusivamente per rifornire le mense dei nobili e vietati ai contadini, ai quali non era permesso di partecipare agli utili ma nello stesso tempo dovevano sopportare impunemente le devastazioni degli animali selvatici. Il bosco procurava anche difficoltà nelle comunicazioni favorendo gli agguati dei briganti a scapito dei viandanti. E molti abitanti di Stagninbech furono in qualche modo protagonisti della cronaca nera di quell’epoca.

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